John McGuiness , pilota plurititolato del TT e delle road races al celebre salto di Ballaugh Bridge |
Una immagine presa dal web che ritrae ciò che resta di una moto dopo un incidente del 2013 al TT |
che si disputano (Macau a parte o qualche paese dell'est, ricordo ad esempio Tallin in Estonia dove perse la vita Joey Dunlop...) nei paesi anglosassoni.
La motivazione è da ricercarsi nella nota pericolosità dei tracciati e nel fatto che pare non ci sia da parte della compagnia assicuratrice a cui si appoggia la FMI la disponibilità a coprire eventuali infortuni .
Avendo letto tutto ciò in più di un sito di riviste note del settore non credo si tratti di una fake news, quindi immagino la solenne incazzatura dei nostri piloti, che tra l'altro in questi ultimi anni hanno colto degli ottimi risultati. La sicurezza è un motivo più che giustificato , intendiamoci, non biasimo nemmeno i commenti degli appassionati o ex piloti che da sempre hanno criticato il perdurare di queste competizioni che purtroppo hanno sulla coscienza un pesantissimo tributo di vittime. Non ci sono, nonostante la buona volontà e i numerosi passi compiuti, le stesse misure di sicurezza presenti nei circuiti permanenti e l'aumento delle prestazioni dei mezzi ha alzato prepotentemente l'asticella del rischio, con medie velocistiche impressionanti.
Dove sta l'ipocrisia? Sta nel fatto che siamo al cospetto di uno sport estremo e che di sport estremi ce ne sono parecchi e nemmeno troppo demonizzati alla stessa maniera delle road races.
Trovo giusto che ad esempio il TT sia stato tolto dal calendario del vecchio motomondiale perchè un campionato mondiale doveva e deve tutt'ora disputarsi in circuiti dove la sicurezza dev'essere ai massimi livelli, come al massimo è il tasso tecnico dei partecipanti e dei mezzi. Ma le attuali road races non costringono nessuno a parteciparvi e un pilota professionista deve sapere cosa rischia e qual'è la posta in gioco, sa bene che niente dev'essere lasciato al caso e non ci sono margini di errore tali da prendere le gare alla sprovvista. Giusto selezionare i piloti, prendere ogni genere di precauzione possibile, mettere i newcomers in una categoria tutta per loro e quant'altro necessario a ridurre al massimo il rischio, ma una corsa stradale è rischiosa a prescindere e questo lo sanno le case, i team, i piloti, il pubblico.
Cosa accadrà, giusto per rimanere nel pieno dell'ipocrisia? Che i nostri piloti si iscriveranno comunque alle road races dopo aver preso una licenza presso un'altra federazione compiacente, che le road races continueranno a disputarsi e che nonostante i commenti ipocriti il pubblico sarà sempre numeroso( Per assistere ad esempio al TT ci si deve organizzare parecchio tempo prima perché non è facile trovare una sistemazione a causa dell'affluenza record sull'isola di Man nel periodo delle gare a Giugno)e i piloti col sogno nel cassetto di partecipare a questo genere di gare ci saranno sempre , come negli altri sport estremi ci sono atleti che si mettono continuamente alla prova. I veti servono a poco, conta più assistere adeguatamente i ragazzi che si avvicinano agli sport motoristici, abbassare i costi degli impianti e supportare i motoclub , disputare dei campionati accessibili con mezzi dal costo sostenibile, insomma coltivare un vivaio che in qualche maniera bisogna far crescere, altrimenti il motociclismo diventerà sempre più qualcosa di elitario per pochissimi fortunati o benestanti e si allontanerà dal pubblico.
Anche stavolta la verità sta nel mezzo ed io da sempre come appassionato parteggio per le nostre gare in salita, per il nostro enduro, per gli sport motoristici cosiddetti "minori" che hanno tanta passione e tanto impegno , trasudano genuinità e incarnano il vero spirito motociclistico. Almeno a mio modesto parere...
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