Honda VF 750 F, immagine tratta da una copertina del manuale d'uso e manutenzione |
Nel lontano 1982 la Honda propose su un paio di modelli di indole turistica un nuovo motore che negli anni a seguire la contraddistinse dalla concorrenza, specie dopo il 1983 quando decise di alzare l'asticella delle prestazioni e dell'indirizzo sportivo con la serie VF-F. Quel motore è il celeberrimo V4 che oggi, tra mille modifiche meccaniche tra cui non ultima la cilindrata ed altrettante diverse soluzioni nel sistema di distribuzione, ritroviamo nei listini della casa dell'ala dorata.
Ero un timido ragazzino che si avvicinava per la prima volta alle due ruote, nel senso che dopo tante moto passate in famiglia era giunto il tempo di abbandonare la bicicletta e..motorizzarsi, ma se ricordo bene la VF750 F si guadagnò il titolo di "moto dell'anno".
La V4 giapponese rappresentò in quel momento il concentrato di tutte quelle soluzioni "importate dalle corse" travasate e più che altro sognate (come ancor oggi succede) su una moto sportiva.
Di tutte le peculiarità che all'epoca poté vantare "l'eletta"(sommersa di elogi dalla stampa specializzata) sopravvisse all'incedere del tempo il solo motore.
Ma non è per raccontare la cronistoria di tutte le serie che hanno visto incastonare nel telaio questo motore che ho preso ad esempio il V4 stradale più longevo che io conosca, bensì' per fare una considerazione su tutto quanto si sia visto nei decenni passati portare sugli altari e immolare senza tanti complimenti (dalla stampa in primis) all'arrivo della successiva novità.
Pensiamo al valzer di ruote da 16/17/18 pollici, che tutti obbligatoriamente dovevano sfoggiare (la 16) salvo poi rinnegare in fretta (sempre quella da 16, forse per quote geometriche non proprio irreprensibili o profili degli pneumatici ancora da sviluppare, specie i primi radiali) , oppure ai telai in tubi quadri (altri souvenir presi a immagine e somiglianza dalle corse, sia in acciaio verniciato argento ad effetto simil-lega o in lega leggera vera e propria), ai cerchioni scomponibili (che tanto leggeri non erano, a parte qualche pregevole soluzione dal prezzo non proprio accessibile) o ancora al famigerato anti-dive, altro dispositivo "indispensabile" che alla prova pratica cosi' indispensabile non era (le successive evoluzioni nel campo delle sospensioni lo pensionarono del tutto), le primordiali prese d'aria dinamiche (alcune davvero posticce e senza giustificazioni funzionali, salvo trainare a livello di immagine con tanto di sigla criptica applicata) eccetera eccetera.
Specialmente negli anni Ottanta e Novanta ad ogni nuovo modello la cartella-stampa prometteva vantaggi al limite del soprannaturale, riducendo a fossile il compassato modello...di pochi mesi prima!
Succede ancor oggi, forse a ritmo meno forsennato,probabilmente per effetto della crisi.
Negli anni ci sono stati dei reali progressi nel concepire e realizzare una motocicletta e andando a sfogliare le vecchie riviste si prova tenerezza nel leggere quelli che sembravano dati sbalorditivi, oggi buoni per chi intraprende un restauro su un esemplare rinvenuto al mercatino di turno.
Mi è capitato di leggere di recente sul web un commento di un tizio che mai e poi mai (dice) acquisterebbe una moto "col telaio in ferro", senza sapere forse che i siffatti telai in acciaio (termine più appropriato del vil metallo da ringhiere) erano in un recente passato la consuetudine (le prime realizzazioni in lega leggera venivano occhieggiate con un pizzico di diffidenza).
Un antico proverbio diceva pressappoco di non dire mai di non voler bere l'acqua di quel pozzo, potresti un domani annegarci dentro...
E se un domani arrivasse una Honda V4 col telaio a traliccio in tubi d'acciaio al cromo-molibdeno e una Ducati Desmo (o nemmeno desmodromica..) con un telaio perimetrale in lega leggera? E il tanto vociferato motore portante o semi-portante della prossima bicilindrica bolognese? E i materiali compositi, prima appannaggio di prototipi spaziali ed oggi patrimonio del primo cinquantino elaborato in circolazione?
Insomma, godiamoci sia le care vecchie moto che abbiamo che le novità in arrivo, senza troppa enfasi però.
Non tutte le innovazioni arrivano ai posteri, ma qualcosa di buono resiste, come una distribuzione desmodromica italiana o un pregevole motore V4 giapponese.Qualcuno arrivò a dire alla presentazione di quei motori Honda (per via dell'angolo tra i cilindri di 90°) che avrebbero fatto bene a pensarci a Borgo Panigale, che un V di 90° l'avevano già in casa ma con due cilindri in meno.
*Errata corrige, anzi svista personale evidenziata (grazie!) dal Put: CX anziché VT! |
ti è scappato un lapsus (non pubblicarmi): cx, non vt!
RispondiEliminaDavvero un altro bel articolo che si fa leggere con piacere e che mi sento di condividere pienamente,come al solito non posso che farti i miei più sinceri complimenti!
RispondiEliminaCiao da Nicola (scrubs)
Devo ringraziare entrambi, sia il Put per l'annotazione (la rettifico volentieri e ti pubblico eccome!) che Scrubs, per i complimenti(come sempre troppo buono!).
RispondiEliminaA proposito, la VT è esistita oppure mi è uscita cosi' di getto? Mah, dopo tante sigle alla fine non ci si capisce più nulla!
altroché s'è esistita, la vt, ma era vagamente... "ducatista"!
RispondiElimina:)))
ecco la capostipite:
http://motoprofi.com/bikephoto/716/honda_vt_500_e_1985_2.jpg
http://www.moto.it/moto-usate/honda/vt-500/vt-500--1985-86/index.html?msg=3118885
Grazie Put!
RispondiEliminaIl telaio a traliccio la Ducati lo faceva per i Jap, poi loro han progredito...
RispondiEliminaBello vintage ma non il meglio, o ancor peggio farlo credere, come i parlamentari che nell' 800 non prendevano stipendio; la falsa democrazia ha stabilito che siccome chiunque potesse andar al potere era giusto retribuirlo, ma di poretti al governo non ne ho Mai visti...