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Un pregevole esempio di motore Laverda abbinato a un telaio Harris |
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Un motore Laverda abbinato a un telaio Spondon |
Quando si dice che nessuno è profeta in patria forse nel caso delle moto un pizzico di verità c'è: Come in precedenza ho citato le Ducati degli anni passati, che sebbene nobilitate dalle raffinatissime realizzazioni della NCR erano agognate perlopiù dai ducatisti più incalliti, quelli che amavano le moto di Borgo Panigale ben prima delle vittoriose annate in Superbike o della moderna Motogp, anche le altre case italiane non se la passavano meglio, ammirate più all'estero che non da noi. Diciamo la verità,nei primi anni ottanta guardavamo più alle fantasmagoriche nipponiche che non alle poche maxi a listino delle case italiane.
Se ripenso alle ultime LeMans1000, alle sparute Benelli 900Sei, alle Laverda 1000, alle Ducati S2 e MHR1000 di fine serie lo faccio con tenerezza, perché oggi sono moto rivalutate e apprezzate nei mercatini d'epoca, allora giacevano tristi nelle concessionarie più per negligenza che altro. Perchè negligenza? Secondo me il marketing di allora le aveva in modo inopportuno rapportate alle moto giapponesi sportive di pari cilindrata, mentre erano un mondo a parte, poi qualche pecca costruttiva non di fondo ma di stupido risparmio le aveva esposte alla pubblica umiliazione sempre nei confronti delle inappuntabili giapponesi e ancora qualche modifica dettata da dirigenze alquanto miopi le aveva in alcuni casi mutilate o storpiate rispetto ai loro eccellenti progetti iniziali. Ad esempio la citata LeMans 1000, con un cerchio anteriore da sedici pollici imposto dalle mode dell'epoca ma messo su senza un adeguamento profondo della ciclistica, oppure l'avviamento elettrico nelle ducatone, l'appesantimento delle già granitiche Laverda o ancora qualche plasticona e poco altro in una Benelli da rivedere a fondo, a cominciare dalla componentistica e dall'affidabilità generale.Guardando altrove negli anni ottanta c'era davvero di meglio e noi da ragazzi sognavamo ad occhi aperti forse la sola Bimota, che aveva guardacaso robusti motori giapponesi e telai spettacolari, cioè i due rispettivi anelli mancanti della catena .Eppure all'estero MotoGuzzi, Ducati e Laverda hanno sempre avuto estimatori, preparatori e telaisti in grado di far risaltare quelle qualità di fondo che i progettisti si erano visti scippare una volta messi su strada gli esemplari definitivi delle loro creature. Dite la verità: Queste due Laverda qui sopra, scovate per caso su internet, non hanno forse un fascino tutto loro? Ebbene credo che il mito delle moto giapponesi perfettine e la leggenda dei "cancelli" italiani sarebbe stato tutt'altra storia con venti-trent'anni d'anticipo rispetto ad oggi. Come già detto qualche tempo fa fortunatamente le case italiane hanno avuto miglior sorte dell'immobilismo inglese, ma in quest'epoca di rivalutazione di marchi leggendari e moto mitiche c'è ancora spazio per una bella fetta del nostro passato.
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