lunedì 4 ottobre 2010

La capitolazione d'un regno.

Honda 750 Four
A guardarla oggi nessuno sospetterebbe una cosa simile:  Il suo aspetto tranquillo, la sezione delle gomme contenuta  e la profusione di cromature, il serbatoio panciuto ed il sellone comodo come non lo si trova nemmeno sul più accogliente degli scooter, tutto questo oggi non può far credere che abbia dato inizio al lento declino delle case inglesi, facendo tremare le altre europee fino a farne rischiare il tracollo e segnando un'epoca. Eppure la Honda Four 750 fece questo e forse di più.
Rispetto alle Ducati, Guzzi e Laverda non poteva certo vantare la stessa solidità e lo stesso rigore della ciclistica cosi' come  permettersi di gettare il guanto di sfida in pista, ma in tutti gli altri frangenti le carte vincenti delle finiture e soprattutto dell'affidabilità la fecero balzare agli onori della cronaca e delle preferenze, insieme ad un motore a quattro cilindri che gli appassionati speravano da tempo di veder produrre in serie.
Le case inglesi  purtroppo  perseverarono senza retrocedere d'un millimetro dalle loro convinzioni e persero soprattutto  la carta dell'affidabilità , mentre per un soffio le italiane sopravvissero all'onda d'urto soltanto per  bontà delle  loro solide credenziali telaistiche e poco più .
Da quel momento fu un susseguirsi di altri best-seller giapponesi come la potente Kawasaki Z1 900 dal motore indistruttibile (che cancellò in un colpo solo le terribili "bare volanti" tricilindriche della serie Mach  400/500/750 ) , fino ai giorni nostri in una staffetta tutta Honda/Yamaha/Suzuki e Kawasaki.
Portate  rispetto alla Four anche se siete ducatisti come me, perché comunque la pensiate grazie a moto come quelle   si sono dovuti adeguare tutti  nel  rivalutare gli  standard di serie .
Era il 1968 e da quel salone di Tokio  l'industria della moto non fu più la stessa.
Avrebbe potuto esserlo prima ancora una Gilera o una MV ma onore al merito e grazie a Soichiro Honda.

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