lunedì 7 aprile 2014

Un vuoto incolmabile.E' scomparso Massimo Tamburini..

Massimo Tamburini, in una istantanea agli albori della prima Bimota, immagine che sta popolando il web ad onorare il genio delle due ruote scomparso per un male incurabile.
Qualche tempo fa avevo scritto un post augurandomi di rivedere all'opera colui che tra gli appassionati e i veri conoscitori del mondo delle due ruote è stato sempre considerato un vero e proprio artista, un personaggio difficilmente catalogabile proprio perché unico nel creare emozioni su due ruote e, persino tra chi non è interessato alle moto sportive o corsaiole, ritenuto in ogni caso un precursore, un innovatore, un italiano che il mondo ci ha invidiato a lungo. Le nuove generazioni non so quanto possano condividere queste mie affermazioni, ma sappiate che non molti decenni orsono un pugno di veri e propri artigiani seppe rivoluzionare i concetti tecnici ed estetici al punto di segnare un solco tra il "prima" e il "dopo" il loro apparire sulle scene. Massimo Tamburini, con la prima generazione delle Bimota poi  alcune tra le più significative Cagiva (Aletta Oro, Freccia, Mito..) e Ducati (Paso, 916..) e la rinascita della MV Agusta (F4, Brutale..)  è stato uno di questi.
Se poi guardiamo al mondo delle moto supersportive stradali allora non ho dubbi: Tornate indietro fino alla prima Bimota  e scoprirete che prima di allora niente di più vicino alle corse aveva messo le ruote fuori da un circuito, almeno non con lo stesso clamore e con l'ammirazione delle stesse case giapponesi che fornivano  di volta in volta alla piccola factory riminese i propulsori. Tante moto "production-racer" si erano avvicendate come le Ducati SS,le Norton PR e le Laverda SFC (Per citarne alcune) degli anni Settanta, ma niente di paragonabile a delle vere e proprie GP.
Sto forse evocando un motociclismo fatto di uomini, di personaggi capaci di trasformare calcoli e meccanica in emozioni, creare oggetti funzionali a tal punto da diventare belli senza essere inutili orpelli.
La moto è emozione oltre che funzione e diventa mito quando l'emozione è forte, in poche parole il suo lavoro.

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