domenica 22 gennaio 2012

Ritorno al futuro

Ciclistica Spondon abbinata a  meccanica serie 851

Altra 851/888 con ciclistica Spondon
Serie 888 con ciclistica Spondon (monobraccio posteriore)

Altra special con ciclistica Spondon, monobraccio e motore questa volta 2V
Ciclistica Spondon abbinata a motore 2V, veste estetica derivata dalla serie 900 SS/SL
Sono immagini che girano in rete da tempo e che già altri blogger hanno postato(Cito ad esempio gli amici di Superpantah , Ottonero eccetera..) ma il tema è pur sempre d'attualità, visto che alcuni ducatisti ora gridano al peccato originale pensando all'abbinamento visto di recente  in Motogp (Motore Ducati/ ciclistica in lega leggera).
Nessun sacrilegio, ci sono diversi precedenti ad opera di valenti artigiani e team di varia estrazione.
La factory anglosassone Spondon per esempio da parecchi anni lavora con maestria sulle ciclistiche in lega leggera, che siano telai a sezione ovale, tonda, scatolati di vario genere. In passato alla Spondon non hanno disdegnato nemmeno soluzioni in acciaio e diversi team e piloti  , come Tony Rutter tanto per citare un nome noto ai ducatisti, ne hanno saggiato ed apprezzato le peculiarità in diverse occasioni. A voler rimarcare corsi e ricorsi storici, sono innumerevoli le factory, i team e gli artigiani (Ad esempio la giapponese Over, l'inglese Harris, Bimota e Golinelli) che  hanno sperimentato strade differenti dalla casa madre del desmodromico moderno. Desmodromico moderno perché, è bene ricordarlo, il desmo è stato provato da diverse case (Specie automobilistiche) prima della consacrazione ad opera dell'Ing. Taglioni, il quale trovò il bandolo della matassa e donò quest'idea all'avanguardia alla casa motociclistica bolognese che lo aveva accolto dopo i trascorsi alla Mondial. Che poi i fatti e nello specifico i risultati nelle competizioni abbiano spianato la strada sia al Desmo che al telaio a traliccio con  motore in funzione semi-portante è storia, ma non ci si deve in definitiva  stupire se ogni tanto si tentano vie alternative a quelle iper-collaudate.
La stessa struttura sperimentata sulle D16-GP11 e  Panigale(monoscocca a motore portante) del resto è stata (con i dovuti distinguo) provata da altre case o team in passato, con alterne fortune (ne abbiamo parlato in un post tempo fa).
Insomma, un telaio ben fatto è tale a prescindere dalle differenti filosofie(e materiali) che vengono portate avanti, come del resto non tutte le ciambelle (pardon, moto) riescono col buco(GP11 in primis).
Basti pensare che non molti anni orsono, alla presentazione della serie Gpx  (quindi non preistoria) gli ingegneri nipponici dichiaravano serafici su Motociclismo -"Kawasaki non crede nell'alluminio per utilizzo stradale"- e non  si poteva (in quel periodo) dargli torto, perché reduci dal successo delle riuscitissime Gpz 600/900 R. Naturalmente solo poco tempo dopo arrivarono in dose massiccia le race-replica che tutti ben conosciamo, paladine dei telai con doppio trave in lega leggera, Kawasaki comprese.
Oggi tanti estimatori danno quasi per scontato che i telai col doppio trave in leghe leggere siano un marchio di fabbrica giapponese, dimenticando altri illustri precursori , tra i quali il telaio ideato dall'Ing. Martini (ex Ducati) per la Bimota YB 4 750 (Poi YB6 1000) campione del mondo F1 con Virginio Ferrari e vice-campione del mondo SBK con Tardozzi. Ne abbiamo già discusso ma sembra leggendo sul web che sia un discorso destinato a non finire qui.
Ipse dixit , come la rubrica della Gialappas. Se avete una Ducati-Spondon in garage e proprio non  sopportate più che vi rimproverino per un simile affronto all'italica tradizione , la prendo volentieri io a prezzo di favore. Pure gratis!

lunedì 16 gennaio 2012

Ciao Mika...

Mika Ahola , cinque volte iridato enduro.
Essere appassionato di moto e motociclista a volte "ingabbia"  in una delle tante discipline, oppure come nel mio caso, pur propendendo per l'asfalto (inutile negarlo, è da troppo tempo che non seguo le gare off-road per asserire il contrario..)ci si  pone affettivamente  in modo trasversale, al punto da nutrire una profonda ammirazione per tutte le specialità subendo il fascino di qualsiasi competizione veda protagonista un uomo in sella a qualcosa che si guidi con un manubrio, sfidando le leggi dell'equilibrio.
Mika Ahola ha rappresentato con merito per gli appassionati di enduro ciò che per gli amanti delle piste asfaltate verrebbe definito un top-rider dei più ammirati.
Bisogna parlarne al passato, questo è il dramma, perché Mika si è spento all'età di soli 37 anni colpito da complicanze dovute ad un intervento chirurgico. Lascio ad altre fonti l'approfondimento della notizia in sè.
Quel che credo sia doveroso per noi appassionati è ricordare (non solo nei necrologi, sia ben chiaro!) che il motociclismo a tutti i livelli (che sia competitivo o soltanto dilettantistico) è fatto di ragazzi.
Ragazzi all'anagrafe o ragazzi dentro, ragazzi col cuore o con lo spirito, che dedicano tanto tempo a qualcosa che a volte non viene compreso o viene visto soltanto quando fa notizia, quando il campione varca i confini del suo sport e diventa fenomeno mediatico, quando tutti vogliono poter dire la loro sul personaggio e spesso con la stessa fretta  spengono i riflettori e cambiano canale.
Varchiamo un po più spesso i nostri ridicoli confini, le nostre ingenue chiacchiere da bar e le disfide da campanile per ricordarci di quanti saltano in sella non per il bagliore dei riflettori (se non di una prova in notturna!) o la presenza delle telecamere e con ben altro compenso, ma sospinti dalla forza della passione, dall'incitamento della gente.
Vorrei trasmettere questo messaggio, augurandomi di non fare la figura dell'opportunista che cavalca la notizia. 
Lontani o quasi dai media, vicini alla gente. Motociclisti veri, senza dubbio alcuno .